Giusi Orazzo su Santa Caterina d’Alessandria


CONFERENZA
CATERINA, SANTA E FILOSOFA
Figlia di re, avvenente nell’aspetto, intelligentissima e acculturata, decapitata dall’imperatore per non aver voluto convertirsi al paganesimo, così le fonti antiche descrivono Caterina d’Alessandria. Il nome stesso derivante dal greco Aicatharina, che vuol dire pura, incorrotta, senza macchia, indica una giovane, vergine martire. Ma chi era questa principessa che, nei primi secoli della cristianità, testimonia una fede così incrollabile da condurla finanche alla morte? Chi era questa attraente fanciulla che tiene testa ai filosofi del suo tempo addirittura convertendoli al cristianesimo? Data l’assenza di notizie biografiche nei primi secoli successivi alla sua morte qualcuno ne ha messo in dubbio addirittura l’esistenza, associandola o sostituendola con quella di un’altra figura questa volta pagana, la filosofa Ipazia. La Chiesa stessa, l’ha esclusa dal martirologio dal 1969 al 2002, relegandola solo ai culti locali. Cosa c’è di vero e cosa è stato inventato di questa figura così amata dai fedeli fin dall’antichità? Procediamo con ordine, cercando di ripercorrere le tappe fondamentali di questa santa venerata da tutte le religioni che ammettono il culto dei santi. Tardive sono le testimonianze circa la vita della Santa. Le prime fonti scritte che menzionano la Santa sono 2 Passio, di cui una in greco del VI-VII secolo e l’altra dell’XI secolo e la Legenda Aurea del XIII secolo. Le Legendae erano delle brevi storie che narravano le vite dei santi che venivano lette durante le preghiere del Mattutino. Le Passiones erano, invece, amplificazioni romanzate delle Legendae, in cui, spesso, si abbellivano o trasformavano le storie dei santi narrate dalle Legendae. Queste fonti sono concordi nel datare la nascita intorno al 287 D.C. in Alessandria d’Egitto, nulla, invece, ci dicono circa i genitori, solo che fosse figlia di re, molto bella e di fine cultura. Un episodio narrato nelle Legenda aurea è quello che riguarda le nozze mistiche della santa. Un giorno Caterina avrebbe sognato che Gesù stesso le offriva l’anello simbolo di matrimonio, rendendola quindi sua sposa. Le nozze mistiche sono un tema ricorrente nella vita delle sante sin dalla tarda antichità. Questo episodio la accomuna, tra l’altro, ad altre sante e, più in particolare, alla sua omonima santa Caterina da Siena. Il racconto delle fonti, invece, circa il suo martirio e gli ultimi istanti della sua vita è molto dettagliato. Si narra che un imperatore, – la Legenda aurea parla di Massenzio, in realtà, se teniamo per buona la data della morte di Caterina e cioè, il 25 novembre del 305 d.c., il cesare (siamo nel periodo della tetrarchia romana) e, quindi, governatore dell’Egitto in quel periodo, è da identificare con Massimino Daia, – questo imperatore tenne grandi festeggiamenti ad Alessandria d’Egitto con enormi quantità di sacrifici di animali alle divinità pagane, imponendo agli abitanti tale pratica. Caterina, si presentò all’imperatore dichiarando di non voler sacrificare agli dei poiché fedele al suo Dio, unico vero Dio. L’imperatore, impressionato dalla bellezza della giovane, cercò di convincerla con discorsi, ma Caterina, utilizzando la sua arte oratoria confermò con più fermezza la sua fede. L’imperatore, allora, chiamò 50 filosofi alessandrini che avrebbero dovuto convincere Caterina a compiere sacrifici agli dei. Ma la fanciulla, con ancor più eloquenza controbatté tutti i loro ragionamenti addirittura convertendoli al cristianesimo. L’imperatore, adirato, li fece bruciare vivi. A questo punto, all’imperatore, restava un’ultima carta da giocare: propose, infatti, a Caterina di sposarlo, poiché colpito dalla sua bellezza. Ma Caterina rifiutò fermamente. L’imperatore ordinò quindi, il supplizio, che fosse passata e dilaniata da una ruota dentata. Caterina fu condotta al supplizio, ma la ruota si ruppe. Fu sottoposta allora a fustigazione, ma anche questa volta le sue carni ne uscirono indenni. L’imperatore la fece rinchiudere in prigione senza cibo e acqua. Qui, ogni giorno una colomba le portava da mangiare. L’imperatrice in persona le fece visita e fu convertita anch’essa dai discorsi della giovane Caterina e addirittura cercò di supplicare l’imperatore a liberarla, ma per tutta risposta l’imperatore ordinò che fosse decapitata. Quando la spada tagliò la testa della giovane, dal suo sollo non sprizzò sangue, ma latte. Uno stuolo di angeli, poi, trasportò il corpo della santa fino al monte Sinai, dove, qualche tempo dopo, fu ritrovato dalla madre dell’imperatore Costantino, santa Elena, la quale fece erigere un santuario dove le sue spoglie sono ancora custodite. Questi sono i fatti narrati dalle fonti postume di qualche secolo che presentano molte similitudini e analogie con la storia e la figura della filosofa pagana Ipazia, nata ad Alessandria tra il 355 e il 370, figlia di Teone, e iniziata da quest’ultimo allo studio della matematica, dell’astronomia e della geometria. Diverse fonti ci testimoniano della vita di questa filosofa – tra le altre ricordiamo: Socrate Scolastico, Giovanni di Nikiu, Damascio e le Lelletere che Ipazia stessa scrisse al suo discepolo Sinesio di Cirene. Le testimonianze ci dicono che Ipazia divenne in poco tempo una donna molto colta e una filosofa eccellente, tale da sostituire probabilmente il padre nell’insegnamento della matematica, geometria e astronomia al Museo di Alessandria. Anch’ella avvenente, intelligente e famosa presso i suoi contemporanei fu però travolta da una morte tragica e violenta. Ipazia era una pagana che aveva buoni rapporti coi cristiani ed anzi, molto stimata anche dai vertici della gerarchia ecclesiastica di Alessandria d’Egitto. Nonostante la stima di cui godeva presso i cristiani fu uccisa nel marzo del 415 probabilmente da cristiani parabolani o da monaci parabolani – che si dedicavano alla cura dei malati – durante alcuni tumulti avvenuti in città. Fu denudata – probabilmente a significare una parodia del rito battesimale – e scarnificata con dei cocci o delle conchiglie. Il suo corpo fu poi fatto a pezzi e bruciato insieme alle sue opere di cui, per questo motivo, non ci è pervenuta traccia. Alcuni hanno ravvisato nella figura di Santa Caterina quella della filosofa pagana Ipazia. Entrambe le figure sono diventate il simbolo dell’indipendenza e dell’autonomia femminile, l’una, Santa Caterina in campo religioso cristiano, l’altra, Ipazia, nel campo laico e anticristiano. Difficile quali elementi della vita dell’una siano poi confluiti nella biografia dell’altra e viceversa. Neiprimi secoli non era d’uso presso i cristiani scrivere le biografie dei santi. Le prime biografie compaiono soltanto intorno al V-Vi secolo. Di difficile comprensione diventano anche le due uccisioni, il martirio di Santa Caterina da un lato e l’assassinio di Ipazia dall’altro, se non contestualizziamo le vicende nella storia della città di Alessandria. L’antica città di Alessandria d’Egitto, fondata da Alessandro Magno e divenuta subito crocevia della cultura del tempo grazie anche alla biblioteca e al museo, e dove convivevano diverse etnie e religioni non sempre in maniera pacifica, visse infatti, periodi di grandi violenze e tumulti. Nel I secolo d.c. vi furono 2 pogrom antiebraici da parte dei pagani nei quali furono uccisi centinai di ebrei. Nel II secolo d.c. gli Ebrei insorsero contro le truppe imperiali distruggendo alcuni templi pagani, ma restando uccisi dai soldati. Nei secoli III e IV, quelli cioè che vedono protagonista la nostra Santa, ad Alessandria ci furono le più dure persecuzioni romane anticristiane di tutto l’impero. Ancora, nel V secolo, vediamo protagonisti gli Ebrei che si ribellarono ai cristiani i quali, però questa volta, riuscirono a scacciarli dalla città. E’ durante questi tumulti che venne linciata Ipazia. Storia contorta e violenta quella della città di Alessandria, gli storici antichi ne ricordano i cittadini come rissosi e ribelli, sempre pronti a perpetrare violenze. Eppure questa città ha visto nascere e svilupparsi le scuole filosofiche laiche e religio
se del tempo; era conosciuta non solo in tutto l’impero romano, ma anche fuori dai suoi confini come la città detentrice di tutto il sapere del tempo. Qui nel II secolo d.c. nasce la scuola filosofica pagana fondata dal filosofo Ammonio Sacca probabilmente fondatore del neoplatonismo. Anche gli Ebrei provenienti dalla diaspora si recavano ad Alessandria dove potevano effettuare una commistione con la cultura greca; menzioniamo uno degli esponenti più famosi, Filone di Alessandria, ricordato come il “Platone ebreo”. Insieme alle scuole pagane ed ebraiche convivevano le scuole di ispirazione cristiana; c’erano diverse scuole per catecumeni, cioè per coloro che dovevano ricevere il battesimo, di cui la più famosa era il Didaskaleion, che faceva risalire la sua fondazione a san Marco evangelista. E’ in questo ricco e stimolante clima culturale che devono essersi formate le nostre protagoniste. Sono gli anni in cui il cristianesimo, ormai diffuso nell’impero, è attaccato da critiche da più parti: da un lato, i pregiudizi popolari che rimproveravano ai cristiani di essere antropofagi, incestuosi, di adorare una testa d’asino, di provocare calamità naturali; dall’altro lato, ricordiamo le critiche più squisitamente filosofiche e dottrinarie. A tal proposito menzioniamo due dei più celebri pensatori della filosofia pagana tra il secondo e terzo secolo d.c., che muovono critiche alla nuova religione: i filosofi Celso e Porfirio. Il primo scrisse un’opera contro i cristiani dal titolo “Discorso veritiero”, nella quale egli pone l’accento sulla debolezza della natura umana di Gesù, la sua agonia e la sua morte, dichiarando che è impossibile che un Dio possa farsi uomo. Inoltre Celso, accusa il cristianesimo di essere irrazionale, in quanto privo di tradizione, affermando il principio secondo il quale è veritiero solo ciò che demanda una lunga tradizione, come per esempio il paganesimo, tramandato dagli antichi romani fino ai tempi di Celso. Ancora, accusa i cristiani di essere asociali poiché essi si rifiutano di compiere sacrifici agli dei della città e di giurare sull’effigie dell’imperatore. L’altro filosofo, Porfirio, nella sua opera “contro i cristiani” accusa questi ultimi di ateismo poiché, rifiutando il culto tradizionale, adorano un uomo, Gesù, che non è Dio. Anche Porfirio pone l’accento sull’irrazionalità del Cristianesimo dichiarando che esso spinge a una credulità troppo superficiale che mette in contrasto la fede e la ragione. Inoltre, con il rito del battesimo, che pretende con l’acqua di eliminare tutte le colpe commesse e le responsabilità, il cristianesimo spinge all’illegalità che toglie efficacia alla legge. Contro tutte queste accuse sono chiamati a difendersi i cristiani, che dal canto loro, iniziano a sviluppare una propria filosofia prendendo a prestito concetti della filosofia greca. Negli stessi anni in cui vediamo operare Celso e Porfirio, pensatori cristiani difendono e, allo stesso tempo, fondano i concetti cardini della filosofia cristiana. Due tra i molti, sono Clemente alessandrino e Origene. Il primo, Clemente, nato ad Atene, si trasferì presso la scuola alessandrina di teologia, dove venne a contatto con i filosofi dell’epoca. Clemente pone l’accento sulla perfezione della vita cristiana: il cristiano perfetto è colui che si fa guidare dall’amore, che vive una vita di preghiera, che ama i suoi nemici e sopporta il martirio. Inoltre dichiara che il cristianesimo non è la negazione della filosofia greca, ma anzi, esso ne è il completamento, ma a differenza della filosofia greca, il cristianesimo non è per pochi eletti o solo per gli intellettuali, ma è aperto a tutti, comprende tutti. Altra differenza tra la filosofia greca e il cristianesimo consiste nel fatto che la verità si palesa nella rivelazione, mentre nella filosofia vi è solo una parte di verità. L’altro filosofo che difese il cristianesimo dalle accuse della filosofia pagana fu Origene, nacque ad Alessandria dove fondò il Didaskaleion, la scuola per i catecumeni nel III secolo. L’opera più famosa di Origene si intitola Contra Celsum, Contro Celso, nella quale contro l’affermazione di Celso della negazione della divinità di Gesù, Origene risponde con la tesi dell’onnipotenza divina, secondo la quale a Dio nulla è impossibile. Dio è così potente da farsi piccolo incarnandosi in un uomo soffrendo come un uomo, ma restando pur sempre Dio. Probabilmente, la nostra Caterina, dovette controbattere i 50 filosofi proprio sul tema della divinità di Gesù Cristo e, stando a quanto riportato dalle fonti, difese le tesi del cristianesimo con tale maestria da convertire i filosofi. Più che il suo martirio, infatti, ciò che colpisce di questa giovane donna è proprio il suo coraggio nel discorrere con 50 uomini di cultura e tenere loro testa convincendoli della bontà delle sue tesi. Se il suo culto è sopravvissuto intatto nei secoli fino ad oggi lo si deve proprio al fatto che Essa rappresenta il riscatto del mondo femminile di ogni epoca, la capacità di dimostrare, contro ogni ostinato maschilismo, che le donne sanno utilizzare con estrema abilità quella prerogativa che per secoli è stata ritenuta in possesso solo degli individui maschi, cioè la razionalità. Non per altro, la santa è divenuta patrona dei filosofi, dei teologi, degli studenti e degli universitari in genere, delle Università di Parigi, di Siena e di Padova, dei giuristi per aver appunto disputato, degli insegnanti, delle biblioteche e dei bibliotecai, inoltre, per le sue nozze mistiche con Cristo è anche protettrice delle donne nubili. Per essere stata una donna indipendente protegge le domestiche e le sarte. Siccome la ruota è uno dei simboli del suo martirio protegge tutti quei mestieri che hanno a che fare con le ruote: arrotini, mugnai, tornitori, carrozzieri, vasai. Protegge anche i prigionieri essendo stata imprigionata dall’imperatore. In ricordo del taglio della testa da cui sgorgò latte protegge, infine, le balie, le puerpere e chi soffre di emicranie. E’ inoltre patrona di molte città d’Italia e sin dall’antichità il suo culto si diffuse in tutto l’occidente e a lei sono dedicate numerose chiese compresa quella che ci ospita questa sera. Numerosi sono anche i proverbi dedicati alla santa; per citarne solo alcuni: “Comme Catarinea , accussì Natalea”che vuol dire che le condizioni atmosferiche del giorno di santa Caterina saranno le medesime del giorno di Natale. Ancora, Per santa Caterina la neve alla collina, oppure Per santa Caterina o neve o brina. Altri citano ancora, Per santa Caterina tira fuori la fascina o Chi vuol un’oca fina a ingrassar la metta a santa Caterina oppure Per Santa Caterina le giornate si accorciano d’un passo di gallina. Da santa Caterina deriva anche il termine Caterinette che, in origine, designava le donne da marito, poipassato a indicare le giovani sarte. Numerosi sono anche i riti legati alla santa: a Forlì, fino a qualche anno fa, in onore della festa della santa si vendevano delle bambole di stoffa dette catarene; in molte città nel giorno della sua commemorazione vengono accesi dei falò in ricordo del rogo che uccise i filosofi da lei sconfitti nella disputa. Numerose sono anche le opere d’arte che la ritraggono con i suoi simboli: la corona segno di regalità, il libro segno della sua cultura, la ruota e la spada simboli del suo martirio; per citarne una ricordiamo la Santa Caterina ritratta da Caravaggio. Anche i musicisti le hanno dedicato opere musicali: ricordiamo gli Oratori di Luigi Rossi, Giacomo Cesare e Francesco Feo, il Mistero di Georg Liebling e il dramma di Edgar Tinel. Non ultimo l’Oratorio di Antonio Caldara.
Giusi Orazzo

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