4′ 33″ – John Cage – Esecuzione e dialogo

Quanta disciplina in questo massimo gesto di indisciplina.

Il silenzio, dunque la negazione della musica? Il vuoto nichilista?

L’incapacità dell’uomo moderno a esprimersi?

No, tutt’altro, il pieno, il mondo, l’universo sonoro.

Dai, mi prendi in giro. Sei un irriverente provocatore.

Vorrei che l’ironia fosse presa sul serio.

Perché 4’ 33”?

“Just for fun”. Per puro divertimento. Nella mia macchina da scrivere la maiuscola del numero 4 era il segno ‘ dei minuti e la maiuscola del numero 3 era il segno ” dei secondi.

Ecco vedi? Come pretendi di essere preso sul serio.

Certo questo è un pretesto, una casualità. Possiamo dire che questa durata è un tempo giusto, sufficiente.

Sufficiente per cosa, per il nulla? In matematica, 0 moltiplicato per qualsiasi numero fa sempre 0.

Lo 0 non esiste. “Non esiste una cosa come il silenzio”.

Dunque hai creato un’opera basata su qualcosa che non esiste.

Ho cercato il silenzio. L’ho sperimentato nelle camere anecoidi. Niente, continuavo a sentire il battito del mio cuore, il flusso del sangue, i gorgoglii gastrointesinali. Guarda! Un inferno!

E dunque qual’é il contenuto di 4’ 33”?

Quando insegnavo la musica ai bambini facevo fare loro un gioco. I bambini erano molto indisciplinati e rumorosi. Era molto difficile tenerli a bada. Così adottavo il gioco del silenzio.

Sì, certo, ricordo che da bambino anche le mie maestre ci imponevano il silenzio in casi estremi. E questo qualche volta era anche abbastanza frustrante.

Sì hai ragione, è alquanto banale e può essere molto limitante sul piano della creatività. Ma di necessità bisogna far virtù. La disciplina imposta aveva un effetto molto interessante. Io stesso, dopo i primi minuti di sollievo da quel baccano, ritornando alla mia funzione di insegnante di musica, incominciavo ad ascoltare i suoni dell’ambiente circostante che prima non potevano essere avvertiti.

Ma questo accade a ognuno di noi quando si trova da solo in una stanza o anche in un giardino o vicino al mare…etc.

Senza dubbio. Ma con i bambini io avevo una missione da compiere: insegnare loro la musica. E la prima cosa che potevo fare era esercitare la loro attenzione all’ascolto. Così incominciammo a lavorare su tutti i suoni che riuscivamo ad ascoltare, le voci, i motori, gli uccelli, le porte che si aprivano e si chiudevano negli ambienti circostanti, gareggiando nell’acuire la nostra sensibilità. Ci divertivamo molto. Potevamo annotare i suoni che ascoltavamo e potevamo cercare poi, con gli appunti presi, di organizzarli in una sorta di partitura. Potevamo anche scrivere delle storie inventate sulla base delle interpretazioni di quei suoni, di ciò che questi suoni potevano evocare.

Splendido! Molti compositori del passato hanno annotato frammenti melodici dall’ambiente circostante, hanno annotato suoni della natura che hanno tradotto in armonie, in flussi melodici, in impasti timbrici ed hanno organizzato questi materiali in Sinfonie, sonate, opere teatrali immortali. Si pensi a Beethoven ad esempio. Chissà da dove avrà ricavato il tema di Prometeo (lo fischia), che poi riutilizza a distanza di anni nella dirompente Sinfonia Eroica.

E Mozart, Schubert, Puccini, Bartok…!

Certo! Per nostra fortuna e godimento. E Dio renda merito a tutti loro! Ma con i miei bambini non c’era assoluta necessità di organizzare quei suoni. Potevamo anche scriverli, nel senso di comporre combinandoli o traendone l’ispirazione, ma potevamo anche non scrivere assolutamente nulla e godercene semplicemente l’ascolto.

Certo! intanto i bambini così stavano buoni.

Certo! La situazione aveva il suo vantaggio. Ma non era l’unico. Come già detto, ci divertivamo. Dove c’é gusto non c’é perdenza, mi diceva un vecchio amico napoletano.

Ma allora 4’ 33” è un’opera per bambini? Cosa penseranno tutti questi signori che hanno testè ascoltato la tua “composizione”?

Intanto un pò di disciplina indisciplinata o di indisciplina disciplinata fa bene anche a loro. Ascoltare o divertirsi come bambini… che bella cosa!

Ma insomma qual’è lo scopo di 4’ e 33”?

“E qual’è lo scopo di scrivere musica? Ovviamente, un primo scopo è non impicciarsi di scopi bensì di suoni. Oppure la risposta può assumere la forma di un paradosso: un’intenzionale mancanza d’intenti o un gioco senza scopo. Però questo gioco sarà un’affermazione della vita, non un tentativo di ricavare l’ordine dal caos e nemmeno di suggerire miglioramenti nell’attività creativa, ma semplicemente una maniera di risvegliarci alla stessa vita che stiamo vivendo, che sarebbe straordinaria se soltanto riuscissimo a escludere la mente e i desideri, lasciando che scorra come vuole.”

Ma scusa John, allora sono capace anch’io di scrivere un pezzo come 4’ 33”

Ho mai detto che tu sei stupido?

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